Lega, non c’è limite alla vergogna
Autore: Annibale Quaresima, Cittadinanzattiva toscana onlus(foto di Annibale Quaresima)Il Messico è attraversato da flussi migratori che dal Centro America si dirigono principalmente verso gli Stati Uniti d’America. Queste migrazioni sono dovute alle condizioni di vita che nei paesi centro americani (Guatemala, Honduras, El Salvador, Nicaragua, Costa Rica, Panama), sono spesso caratterizzate da elevata presenza della criminalità, povertà, scarsità di tutela dei diritti. Molti sono spinti a fuggire per sottrarsi a ricatti, taglieggiamenti, violenze e povertà. Si tratta della parte meno garantita della popolazione che, con poche risorse economiche e informazioni, si avventura – quasi sempre in condizioni di irregolarità (indocumentados) – lungo la strada che attraversa il Messico.Ma anche negli Stati Uniti Messicani trovano lo stesso modello sperequato e violento che lasciano nei loro Paesi. Modello che si è sempre più consolidato dalla metà degli anni ’90, quando le logiche economiche sono prevalse su quelle dei diritti umani e civili, con conseguente incremento della disuguaglianza, della povertà, dell’emigrazione, di violenza e morte, della disoccupazione, della militarizzazione, indebolendo i contesti sociali e aprendo così nuove strade alla malavita organizzata e alla corruzione.Questo paradigma non è specifico di quest’area geografica ma è drammaticamente esteso ed interessa, se pure con forme diverse, anche la società europea ed italiana ed è accompagnato e sostenuto dall’affermarsi della globalizzazione. Globalizzazione dei mercati ma non dei diritti, che porta come conseguenza una tendenza a sviluppare modelli dove il diritto interno ed internazionale (vedi trattati di libero commercio) si confonde con gli interessi del capitale privato e con quelli dei Paesi forti. Il frutto di tutto ciò è la progressiva formazione di società basate sul saccheggio delle risorse, sulla discriminazione delle categorie deboli, sull’imposizione di un ordine internazionale antidemocratico.In questo contesto si sviluppa il fenomeno migratorio nel Messico e attraverso il Messico, dove ai circa 35 milioni di messicani emigrati negli Stati Uniti d’America, si aggiungono almeno 400.000 indocumentados – per lo più provenienti dall’America Centrale – che ogni anno passano la frontiera tra Guatemala e Messico per tentare di raggiungere gli Stati Uniti d’America.Il loro transito attraversa un Paese emblematico rispetto al quadro di disgregazione dei diritti fin qui tracciato a grandi linee, caratterizzato da forti concentrazioni di capitali accanto a estremi fenomeni di povertà, che determinano le condizioni per una instabilità sociale, che si traduce in insicurezza, corruzione e sviluppo della criminalità organizzata, non di rado collusa con le istituzioni, ivi incluse quelle preposte alla sicurezza e alla giustizia.Questo, come ha evidenziato anche la Corte Interamericana dei Diritti Umani, ha generato un grave scenario di impunità dei crimini e dei criminali (il Messico ha un tasso di impunità dei delitti del 98%) che ha prodotto solo negli ultimi sei anni, almeno 140.000 morti e un numero imprecisato di desaparecidos, ponendo il Messico in una posizione centrale nel mercato delle illegalità di ogni tipo, dal narcotraffico alle armi, passando per il commercio degli esseri umani. Dei 22 campi di illegalità individuati dalle Nazioni Unite, in Messico ne sono presenti 21!Particolarmente esposti risultano i soggetti più deboli, come le donne e i migranti, ma anche coloro che denunciano questa situazione e operano per dare una soluzione ai problemi (giornalisti, avvocati, associazioni di tutela dei diritti, ecc). Anche loro sono soggetti alla rappresaglia di una criminalità organizzata che ormai controlla l’80% dei Comuni messicani.Più di 200.000 migranti all’anno sono vittime di rapine durante il loro transito attraverso il territorio messicano, oltre 130.000 sono vittime di estorsioni ed altri 16.000 sono sottoposti a sequestro da parte di gruppi della criminalità organizzata. Secondo la Commissione nazionale dei diritti umani (CNDH), Amnesty International e Human Rights Watch – tra le altre organizzazioni – dal 2006 al 2012 sarebbero sparite tra le settantamila e le centoventimila persone in transito attraverso il Messico.Ogni singolo cartello dei narcos riesce a guadagnare fino a 50 milioni di dollari all’anno attraverso l’industria del rapimento dei migrantes, a volte con la connivenza – se non con la complicità – delle autorità messicane. Solo nel 2013 sono stati licenziati per corruzione e abuso di potere nei confronti dei migranti, oltre 1.000 funzionari dell’Istituto Nazionale di Migrazione (INM).I migranti che non hanno parenti che possono pagare il riscatto, vengono uccisi. Questo genera paura negli altri migranti, che faranno di tutto per accogliere la richiesta di riscatto fatta dai sequestratori.Non di rado le donne vengono costretta alla prostituzione forzata.Il principale attore nella pratica dei sequestri è il cartello narcos dei Los Zetas, che opera soprattutto lungo la rotta est della migrazione, quella che da Tenosique, attraversa lo Stato di Tabasco, per poi addentrarsi nello Stato di Veracruz (l’altra rotta, quella più spostata verso l’Oceano Pacifico, passa da Tapachula e si inoltra attraverso il Chiapas e lo Stato di Oaxaca).All’interno di questo preoccupante quadro, sta crescendo il raccapricciante fenomeno del commercio di organi per trapianti, sia come forma alternativa di pagamento del riscatto, che prelevati dai cadaveri delle persone assassinate.Dal rapporto datato 25 ottobre 2013 del Relatore speciale delle Nazioni Unite per il traffico di esseri umani, Joy Ngozi Ezeilo, questo fenomeno risulta essere in crescita in tutto il mondo.A sostenere questo flusso di migranti nei loro diritti, anche esponendosi a rischi personali, una parte della società civile ha costruito una rete solidaria di centri di accoglienza (albergues), che forniscono informazioni, assistenza alimentare, ospedaliera, servizi sanitari e assistenza giuridica.
“Ancora una volta la Lega mostra il suo volto xenofobo e razzista, speculando sulle esperienze di accoglienza”. Così l’Arci Toscana commenta l’iniziativa del Carroccio che oggi ha manifestato a Castiglioncello, in provincia di Livorno, contro la decisione di ospitare 30 profughi nell’ambito del piano di protezione dei rifugiati.”Pur di raggranellare qualche voto in vista delle elezioni europee – prosegue l’Arci – la Lega dà sfogo al suo armamentario più arretrato, proprio mentre le cronache dal Mediterraneo raccontano di nuovi naufragi, dispersi e cadaveri”.”Oggi – conclude l’Arci – abbiamo portato la nostra solidarietà ai profughi ospitati nel territorio di Castiglioncello ed esprimiamo la nostra indignazione verso una forza politica che non riesce a vedere la complessità dei cambiamenti sociali del nostro paese e non riesce a dare limite alla vergogna”. Firenze, martedì 13 maggio 2014