Piano nazionale accoglienza: luci, ombre, e terzo settore dimenticato
L’Arci apprezza la volontà di programmare gli interventi in materia di accoglienza dei profughi. Si tratta, infatti, di una grande novità. Ma il piano e la copertura economica arrivano in ritardo.Inoltre è un errore politico e strategico continuare a dare centralità alle Prefetture nei coordinamenti regionali. Sebbene sia giusto che il Ministero dell’Interno gestisca gli ingressi alle frontiere e gli invii ai centri di accoglienza sul territorio, sarebbe più corretto ed efficace prevedere sul fronte dei piani locali e della gestione della prima accoglienza un maggiore protagonismo delle Regioni e degli enti locali, evitando un coinvolgimento delle Prefetture nella gestione diretta e nel coordinamento stesso.Se obiettivo è quello di rendere più efficace ed efficiente tutto il sistema), il Piano non riesce ad arginare quanto sta avvenendo con i bandi che le Prefetture stanno espletando per assegnare i posti dei Centri di Accoglienza Straordinaria (CAS): comportamenti differenziati, gare al massimo ribasso senza alcuna garanzia su standard dei servizi e competenza e affidabilità dei soggetti gestori. Si rischiano, come nel 2011, sprechi di denaro pubblico e conseguenze negative sui territori per i prossimi anni. A tutto ciò si aggiunge l’introduzione di fatto nel nuovo Piano nazionale di 3 livelli (arrivi – primo soccorso; prima accoglienza; seconda accoglienza attraverso Sprar) che, secondo l’Arci, porterà frammentazione, confusione, sprechi ulteriori rispetto alla situazione esistente: si complicano i passaggi alimentando problemi e sovrapposizione tra le diverse amministrazioni.Sarebbe invece auspicabile un sistema unico, attraverso un rafforzamento dello Sprar caratterizzato dalla creazione di una categoria di centri specializzati nella prima accoglienza e un coordinamento da parte delle Regioni di tali centri, assieme a una banca dati unica e sistemi di monitoraggio e verifica unici. Infine, desta sconcerto che il Terzo Settore e le organizzazioni di tutela dei rifugiati non vengono mai citate, nonostante a livello territoriale molto spesso rappresentino le uniche realtà a farsi carico delle risposte concrete.