Le scuole d’arte a Cuba : una storia romantica

Le scuole d’arte a Cuba : una storia romantica

Mama Africa Meeting, dopo 10 anni, viene annoverata tra le manifestazioni più importanti d’Europa dedicate alla didattica e alla diffusione della cultura musicale e della danza dell’Africa Occidentale.
  Contrariamente al luogo comune a cui siamo ormai abituati, soprattutto in Italia, intervenire sui beni culturali significa anche cercare di salvare luoghi e opere contemporanee che per vicende diverse rischiano di perdersi nell’oblio o nell’indifferenza internazionale soprattutto quando questi si trovano in luoghi meno centrali del mondo. Da questi presupposti è partito qualche anno fa il progetto dell’associazione “Didee” con la collaborazione di ” Carretera Central” e il sostegno indispensabile del Cesvot, relativo alle scuole d’arte a Cuba. Le scuole d’arte sono cinque complessi realizzati in un ambiente meraviglioso alla periferia dell’Avana sui terreni del vecchio Country Club, uno spazio esclusivo in cui si ritiravano i signori della cuba degli anni ’50. Dopo la vittoria della  rivoluzione cubana, con la convinzione che la cultura fosse un fattore determinante per promuovere la libertà dei popoli dell’America Latina, furono incaricati tre giovani architetti, di cui due italiani, Riccardo Porro, Roberto Gottardi e Vittorio Garatti  che dettero vita ad uno dei progetti più affascinanti che siano stati realizzati. Quando, con gli altri volontari, ci siamo avvicinati a questo progetto eravamo convinti di raccontare un’utopia, ci siamo resi conto invece che oltre allo sforzo intellettuale eravamo davanti ad un’emozione, ad una vera storia d’amore. Una storia che inizia nel momento più romantico della rivoluzione cubana, che attraversa momenti travagliati e tradimenti ma conserva tutta la forza dell’amore fra “tre ragazzi ” e le loro opere. L’amore per le scuole nazionali d’arte  è anche il motivo che ci ha spinto a progettare e realizzare un libro e un documentario, un tentativo di far conoscere un capolavoro contemporaneo, patrimonio dell’umanità. Le scuole di Vittorio Garatti, Roberto Gottardi e Riccardo Porro riassumono in sé, come un prologo edificato, le parole chiave degli anni ’60: amore, utopia, fantasia, progetto, rivoluzione. L’utopia può essere definita come un futuro evocato di cui non sono rilevanti le possibilità che diventi concreto, mentre il progetto è il modo di immaginare cioè che non esiste, di studiarne le for­me, gli spazi e le condizioni materiali per realiz­zarlo. Le parole “rivoluzione” e  “utopia” segneranno almeno due decenni prima di infrangersi come onde contro gli scogli degli anni ’80. Ma è significativo che siano state tradotte in opere, mattoni, volumi, tramite la fatica fisica e intellettuale, prima in una piccola isola dei Caraibi che nei boulevards della rive Gauche. Può sembrare strano che quando in Europa si proclamava che al potere dovesse andare la fantasia, cosa che ovviamente non è mai avvenuta, a Cuba questo fosse già successo, dando all’utopia la forma di scuole per accogliere artisti di tutto il mondo e per poi ripudiarle, ancora prima che i viali di Parigi si riempissero di ragazzi. La ricostruzione di questa storia, con i suoi protagonisti, è riuscita a portare di nuovo l’attenzione internazionale su questi capolavori, il libro, in tre lingue, è stato presentato a Roma, alla presenza dei tre architetti, Milano, Venezia e in numerose altre città Italiane è stato inoltre presentato a Miami e all’ Avana. Vale la pena ricordare che dopo l’uscita del libro e del documentario i tre architetti hanno ricevuto dalle mani del  Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano il Premio “De Sica” per l’architettura.

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