I DIRITTI DELL’INFANZIA NEL MONDO
Intervista a Manuela Trinci, presidente dell’associazione Orecchio Acerbo(a cura dell’associazione Carretera Central) Quali sono le finalità dell’associazione Orecchio Acerbo e perché avete scelto di lavorare con bambine e bambini? Le finalità dell’associazione ovviamente sono molte, per sintetizzarle tutte abbiamo fatto nostra una frase di don Milani: “I bambini e le bambine hanno diritto ad avere sempre e comunque, in ogni luogo, il meglio”, quindi l’obiettivo principale dell’associazione Orecchio Acerbo è garantire a bambini e bambine, più o meno svantaggiati, la possibilità di accedere al mondo della cultura. Siamo infatti convinti che la possibilità di conoscere, di essere curiosi, di voler vedere che cosa c’è oltre il proprio orizzonte, apra davvero la strada alla conoscenza dell’altro. Crediamo che la vera conoscenza del mondo parta dalla conoscenza di se stessi e riteniamo quindi che sia importante lavorare con i bimbi nella fascia di età che va dai 5 agli 11 anni e che è, tra l’altro, la più trascurata. Infatti,c’è una grande attenzione alle esigenze dei/le bambini/e piccolissimi/e: incontri con i genitori nei nidi, nelle aree ad hoc, nelle scuole dell’infanzia. La fascia di età della scuola elementare invece è quella in cui i bambini, sicuramente seguiti dai genitori, perdono un po’ della propria infanzia e passano dall’ ”età dell’oro”, all’ ”età della ragione”. È, ad esempio, molto comune che i genitori si occupino più del rendimento scolastico dei bambini, che non dell’espressione della loro creatività. A tal fine, Orecchio Acerbo ha creato una serie di laboratori incentrati su differenti tematiche, dalla narrazione all’arte, dall’ambiente al teatro, cosicché sia possibile giocare, lavorare e conoscere, attraverso momenti condivisi in cui l’attività viene svolta in maniera originale insieme ai genitori: compito dell’associazione non è dettare specifici modelli educativi, bensì proporre modelli di gioco e di divertimento in cui possano interagire sia bambini che genitori. Una delle attività che ci rende più fieri è il laboratorio musicale condotto con l’ aiuto della storica fondazione pistoiese Luigi Tronci la quale oltre a metterci a disposizione una nutrita raccolta di strumenti musicali provenienti da tutte le parti del mondo, ci aiuta nel percorso musicale attraverso il quale i bambini sviluppano il senso della cooperazione. Suonare in gruppo matura in loro la consapevolezza che una persona da sola non è nessuno in una banda musicale; per di più, i genitori, che spesso assistono alla parte finale degli incontri, vedono i propri figli inseriti in una dimensione diversa da quella abituale, considerandoli come membri del gruppo, con tutte le sue dinamiche. Va poi considerato che i partecipanti non hanno la stessa età, né provengono dalle stesse classi: ciò permette l’instaurarsi di un importante spazio di lavoro per creare un percorso di cooperazione: il più grande può aiutare il più piccolo che, a sua volta, acquisisce gradualmente una maggiore autonomia. Conosciamo l’associazione: quanti sono gli operatori impegnati, chi sono e che tipo di attività realizzate? Gli operatori impegnati sono molti ormai. L’ associazione consta circa trenta soci e nove consiglieri. Le specificità di ognuno di essi sono differenti perché, accanto ad un significativo numero di volontari, come il presidente e le persone più adulte che collaborano a titolo principalmente gratuito, ci sono persone che offrono le proprie professionalità particolari: medici, restauratori, ingegneri ecc. Ci sono anche giovani che pur non essendo specificatamente educatori, hanno maturato significative esperienze con i bambini, ad esempio negli scout, e si sono formati durante la vita di Orecchio Acerbo. Questi operatori fanno laboratori inerenti alle loro peculiarità come quelli scientifici, durante i quali ci siamo occupati, tra l’altro, di un medico pistoiese, Filippo Pacini, scopritore del colera. Grazie a questo percorso abbiamo avuto in dono dall’Università dei microscopi con i quali realizziamo laboratori nelle scuole. Inoltre, abbiamo aperto un Ospedale delle bambole in cui è impegnata una nostra operatrice restauratrice professionista. L’ospedale ha la funzione di aiutare i bambini a non aver paura del medico attraverso l’atto del prendersi cura della bambola, oltre a voler evidenziare l’importanza del recupero: gli oggetti non si gettano via, ma si tengono,ed è sempre possibile affezionarsi ad essi. Attraverso questi semplici strumenti siamo così in grado di mostrare anche ai genitori che non è opportuno far vivere i bambini in un negozio di giocattoli. I quattro giovani medici, membri dell’associazione , mettono a disposizione stetoscopi, cerotti e altro materiale per la cura mentre la sarta e la parrucchiera si occupano del restyling. Ai bambini quest’esperienza piace molto. A breve, insieme al dottor Paolo Sarti, pediatra, primario dell’Ospedale delle bambole, presenterò il progetto a Bologna. Tra i membri dell’associazione ci sono anche dei grafici che si occupano degli aspetti pubblicitari. Ovviamente c’è poi anche un cospicuo gruppo di educatori. Infatti, Orecchio Acerbo ha avuto in appalto dal Comune di Montale un centro educativo dove venie impiegato personale con una specifica formazione in ambito pedagogico e di scienze dell’educazione e, in tal senso la selezione è molto rigida. Proprio per la formazione dei giovani operatori dell’associazione, i membri più esperti mettono a disposizione le proprie competenze. Personalmente, essendo un’esperta di letteratura per l’infanzia, gestisco un gruppo di narrazione durante il quale, lavoro con i giovani scegliendo i libri più idonei da usare con i bambini e progettiamo insieme i laboratori. Accanto a ciò, l’artista Silvia Bini,nostra vice presidente, realizza, insieme ad Angela Palandri, nota didatta dell’arte e a Perla Cappellini, restauratrice e storica dell’arte, gruppi sulla didattica dell’arte. Ci sono anche delle insegnanti e degli psicologi, me compresa. In ambito associativo non svolgiamo attività psicologiche ma semplicemente lavoriamo avendo una conoscenza in più dei bambini; potendoli osservare da un’angolatura che ci permette di leggere dei comportamenti senza interpretarli, ma facendone tesoro. Integrazione, intercultura, educazione alla mondialità. Come sostenete le bambine e i bambini nella conoscenza delle differenti realtà culturali? Lavoriamo molto su questo aspetto, partendo dalla conoscenza di sé e dalla crescita del radicamento del bambino nella propria realtà. Infatti, se un bambino ha quella che tecnicamente si chiama “base sicura” da cui partire, può poi espandersi verso altre realtà senza averne paura. Questa è la roccaforte e il punto fondamentale da cui deve iniziare, io credo, un percorso serio di intercultura. Nello specifico, realizziamo laboratori di narrazione basati sulle fiabe provenienti da tutti i Paesi del mondo, un modo indiretto di far conoscere ai bimbi le culture altre, attraverso i personaggi come il drago cinese, la pecora albanese ecc. I personaggi sono tantissimi, i bambini ci lavorano e questo permette loro di conoscere realtà diverse. Ci sono dei libri molto belli per i quali facciamo un’attenta selezione, infatti riteniamo, come sostiene l’illustratrice Arianna Papini, che se presentiamo ai bimbi illustrazioni non stereotipate come quelle della Disney -che non vanno comunque demonizzate- riusciremo a far vedere ai più piccoli come la realtà può essere interpretata in differenti maniere. Anche con i laboratori di cucina, attraverso la conoscenza delle abitudini alimentari nei vari Paesi i bambini vengono a contatto con numerose realtà e riusciamo a promuovere l’interculturalità. Abbiamo poi realizzato alcuni laboratori sulle città nel mondo e sulle usanze tipiche in esse. Ciò, ovviamente, a partire dalle cose quotidiane con cui i bambini hanno maggiore confidenza, come ad esempio, la cameretta dalla quale partendo dal letto, abbiamo ricostruito come si dorme negli altri Paesi. Inoltre, attraverso una ricerca fatta dagli operatori, siamo giunti a parlare con i bimbi di quanti diversi tipi di città esistano: quelle della fantasia di Calvino, quelle in cui invece vivono i bambini nei barconi, le baraccopoli ecc. Anche questo è un modo per far vedere loro che non tutti nascono fortunati e riteniamo che questa consapevolezza sia un obbiettivo da tenere sempre presente. L’associazione sta avviando un importante progetto educativo di intercultura in collaborazione con La Feltrinelli, ci racconta di cosa si tratta? Il lavoro ruoterà intorno agli argomenti trattati durante i laboratori sul tema dell’intercultura: quali città ci sono nel mondo, la cucina nel mondo, l’amicizia e come i popoli siano in amicizia o in contrasto, affrontando quindi anche tematiche come la guerra. Ciò è importante affinché i bambini siano consapevoli di cosa accada introno a loro perciò risulta quindi fondamentale trattare questi temi. Attraverso la presentazione di un libro il bambino riflette su alcuni argomenti per poi prende parte ad un laboratorio, realizzato presso i locali della libreria Feltrinelli di Pistoia che ci mette a disposizione lo spazio. Un’ attrice membro dell’associazione ed io presentiamo un libro e ne leggiamo alcune parti; i bambini sono in seguito invitati a riflettere e a parlare, a esternare le loro esperienze prendendo parte al laboratorio. Infatti, è attraverso il fare, la concretezza, che i bambini in questa fascia di età riescono ad elaborare in maniera soggettiva e personale l’esperienza. Inoltre nel 2015, in corrispondenza del settantesimo anno della Resistenza, abbiamo in progetto di fare molte attività con i bambini per non perdere la memoria della Resistenze stessa. A tale scopo, inviteremo una partigiana a parlare nel corso di un laboratorio. Inoltre, abbiamo in progetto un libro che riguarda l’esperienza di mio padre come partigiano in Piemonte; la sua storia ha una peculiarità poiché durante una fuga, tornò indietro, di fronte ai nazisti, per salvare un cagnolino. Insieme all’ANPI, all’istituto storico della Resistenza e alla protezione animali, creeremo dei laboratori anche su questo e sugli animali perché occuparsi degli animali vuol dire occuparsi dell’altro del piccolo, del diverso da sé, rispettarlo. — VOLONTARIATO SENZA FRONTIERERiflessioni dal mondo del volontariato internazionale in ToscanaNewsletter n.1/2015Cooperazione e solidarietà internazionale: dalla parte delle bambine e dei bambini