Iraq, agire per la pace è necessario
“Erano anni che tutto il Terzo settore aspettava la riforma della legislazione” – ha dichiarato Francesca Chiavacci, presidente nazionale Arci. “Al Governo va il nostro apprezzamento per essere riuscito in tempi brevi a produrre un DDL che peraltro aggiorna anche altre materie: dal servizio civile, al 5×1000”.
La composizione sociopolitica e religiosa del nord dell’Iraq è molto complessa e caratterizzata dalla presenza di minoranze etniche e religiose che in queste ore sono vittime di massacri e persecuzioni. Lo sono stati i cristiani nelle scorse settimane e lo sono in queste ore gli appartenenti alla comunità yazida. Migliaia di persone fuggono da Mossul, da Qaraqosh, da Sinjar e provano a trovare rifugio nella regione del Kurdistan iracheno. Si parla in queste ore di omicidi di massa, di donne stuprate e uccise, di persone trucidate perché rifiutano di convertirsi all’Islam.
Dal 2008 ARCI Toscana ha iniziato, assieme all’ONG “Un Ponte per…” e molti altri enti e istituzioni toscane, un percorso finalizzato a dare un contributo fattivo per una ricostruzione reale dell’Iraq. Si tratta di un lavoro che è partito dalla realtà complessa e difficile che le associazioni irachene ci raccontavano, dalla volontà della popolazione di superare davvero divisioni e ostilità, dalla consapevolezza che il dialogo e la democrazia si può veramente costruire dal basso. Per questo noi ci siamo messi in questi anni al loro servizio, a loro fianco, per raccontare il nostro modello di fare associazione, l’idea che avevamo noi dell’ARCI di dialogo e di inclusione sociale e come la società civile possa avere una relazione paritaria con le autorità politiche ed amministrative.
Nelle varie fasi di collaborazione abbiamo incontrato molte persone appartenenti alle varie minoranze, alcune a noi fino ad allora sconosciute, come gli Yazidi, un popolo che pratica una religione sincretica che ha al suo interno elementi dell’antico culto zoroastriano insieme ad elementi cristiano nestoriani e sciiti. Tutta questa varietà di culture e di tradizioni, che arrivavano da molto lontano ci sembravano una immensa ricchezza, un patrimonio dell’Umanità da tutelare oltre i confini iracheni.
All’inizio del 2014 abbiamo iniziato con queste comunità un nuovo percorso: un programma triennale dal titolo “Youth spring across ethnicities: una nuova alleanza sociale per rafforzare la gioventù delle minoranze in Iraq e nel Kurdistan iracheno”. Abbiamo deciso di puntare sulle nuove generazioni per rafforzare i ponti di dialogo e costruire un futuro migliore. Il programma intendeva sostenere le autorità locali del nord dell’Iraq nell’eseguire politiche giovanili e facilitare la creazione di centri giovanili, sviluppare attività ricreative e favorire l’integrazione tra le varie comunità presenti nel nord dell’Iraq. Tra i luoghi che i nostri partner iracheni, tra cui l’associazione Yazidi League, ci hanno indicato come posti chiave in cui lavorare c’erano anche Mossul e Sinjar, le città in cui in queste ore si stanno svolgendo stragi di civili inermi, e da cui le persone, soprattutto cristiani e yazidi, stanno fuggendo per salvare la loro vita, ma rimanendo purtroppo spesso in luoghi isolati, senza acqua né cibo. Siamo di fronte ad un’altra emergenza umanitaria.