MESSICO, LE STRADE DELL’ESODO

MESSICO, LE STRADE DELL’ESODO

 Intervista a Patrice Florvilus, avvocato attivista nella difesa dei diritti umani e direttore del DOP (Défenseurs des Opprimées/Opprimés) (Intervista e traduzione a cura dell’associazione Carretera Central) (foto di Défenseurs des Opprimées/Opprimés) 1. Sono passati quattro anni dal violento terremoto ad Haiti, quali sono stati gli effetti e com’è cambiata la situazione oggi? Il terremoto del 12 Gennaio 2010 ha rappresentato uno dei peggiori disastri conosciuti ad Haiti, dopo lo sterminio, in epoca coloniale, degli indigeni e dei fratelli schiavi da parte dei francesi e degli spagnoli. Oltre alla morte di quasi 300.000 connazionali, abbiamo perso molte infrastrutture utilizzate per scopi sanitari, educativi, giuridici, ecc. Gli effetti del sisma sono stati pesanti, in un paese già classificato come il più povero dei Caraibi, con la disoccupazione al 70%, l’analfabetismo al 50%, e dove il 92% del sistema educativo è affidato all’istruzione privata. Nei dipartimenti Ovest, Sud e Sud Est, abbiamo perso circa il 90% delle infrastrutture del sistema educativo. Tutto questo ha aggravato la situazione già molto fragile di Haiti. Infatti, dopo il terremoto, è aumentato il numero di bambini esclusi dal sistema educativo. Sul fronte della giustizia, abbiamo perso molti professionisti, giudici e avvocati. Alcuni centri di detenzione sono andati distrutti, con un conseguente aumento del tasso di criminalità, mentre la polizia, anch’essa con squadre di lavoro indebolite, non è riuscita a svolgere il proprio ruolo con efficacia. I soggetti più poveri e vulnerabili della società sono stati quelli che maggiormente hanno risentito della situazione, poiché non sono riusciti ad accedere ai servizi di base, né a mettersi al sicuro. Oggi, quattro anni dopo il sisma, la situazione non è cambiata. Per quanto nei discorsi, i responsabili del governo divulghino informazioni propagandistiche, e le ONG presentino rapporti per giustificare i fondi (molti finanziamenti sono stati spesi), in realtà la situazione della popolazione povera e vulnerabile rimane la stessa. Il motto del governo è “Haiti è aperta agli affari”. Però questo business non ha ancora nessun impatto sulla vita delle cittadine e dei cittadini haitiani. La gente sfollata, che vive nelle tende, continua a combattere con i proprietari dei terreni, e giorno dopo giorno continuano i casi di espulsioni illegali e brutali in violazione sia delle leggi nazionali che degli accordi internazionali. Sono passati quattro anni dal terremoto, ma le sfide restano quasi totalmente le stesse di quattro anni fa’, soprattutto in ambito sanitario (con il colera che complica ulteriormente la situazione), nell’educazione, nel lavoro e nella giustizia. 2. DOP- Difensori dei diritti degli oppressi/delle oppresse: in che contesto operate, quali sono i problemi che affrontate e quali gli obiettivi della vostra organizzazione? Il DOP lavora in un contesto piuttosto difficile. Le attività che realizziamo, i servizi che offriamo, non riescono a soddisfare la domanda. Le persone più svantaggiate, non potendo permettersi l’assistenza legale, fanno sempre riferimento al DOP. Questo è l’unico ufficio di assistenza legale che ha l’obiettivo di accompagnare gli/le oppressi/e verso il cambiamento delle loro condizioni sociali, economiche e politiche. Il nostro lavoro non riguarda solo l’assistenza legale, ma ci occupiamo anche di formazione (di giovani difensori dei diritti umani, di avvocati del popolo, ecc.). 3. Quali sono, ad Haiti, i rischi che affrontano ogni giorno gli avvocati dei diritti umani durante lo svolgimento del loro lavoro? Gli avvocati impegnati nella difesa dei diritti umani sono sempre sotto minaccia. A volte, subiscono intimidazioni, o sono vittime di assassini da parte di criminali. Due coppie di difensori dei diritti umani sono state assassinate neanche due mesi fa’, mentre altri difensori dei diritti umani hanno subito minacce nei loro uffici, oltre alle intimidazioni che stiamo subendo da un anno a questa parte. Altri sono perseguitati da parte del governo per mezzo dei procuratori, come è accaduto a me, quando fui chiamato in giudizio da un avvocato del governo con la falsa accusa di incendio e associazione a delinquere. Mi hanno sottoposto a molte intimidazioni, finché la Commissione interamericana dei diritti umani ha previsto, lo scorso 27 novembre, l’adozione di una misura di protezione e sicurezza a nostro favore. Nei giorni scorsi, il difensore dei diritti umani Pierre Esperance, del RNDDH (Réseau National de Défense des Droits Humains) ha ricevuto minacce di morte, scritte, nel suo ufficio. Per questo il contesto di lavoro dei difensori dei diritti umani è molto difficile. 4. Ci sono milioni di haitiani emigrati all’estero. Quali sono le difficoltà che questi affrontano negli altri Paesi, come ad esempio in Repubblica Dominicana? Al di là delle numerose situazioni problematiche che il nostro Paese ha attraversato, molti dei nostri connazionali hanno deciso di emigrare per motivi diversi. Dopo il terremoto, abbiamo assistito ad un aumento del tasso di emigrazione verso l’America Latina, ad esempio verso il Brasile, l’Ecuador e la Repubblica Dominicana. La migrazione in Repubblica Dominicana però è secolare. Ha una storia particolare ed è la migrazione più problematica che conosciamo. I nostri connazionali haitiani sono trattati a volte come animali. Lavorano nelle piantagioni di canna da zucchero in condizioni molti difficili e, tra l’altro, sono continuamente vittime di assassini, di abusi da parte delle autorità militari e di polizia. Inoltre, alcuni mesi fa’, una sentenza della Corte Costituzionale dominicana ha sancito la revoca della cittadinanza alle persone di origini haitiane, decretando che tutti i dominicani di discendenza haitiana nati dagli anni ’30 ad oggi, non sono dominicani. Questo processo di denazionalizzazione è molto osteggiato dalla comunità internazionale, perché viola il diritto, le convenzioni e i trattati internazionali.

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